Riflessioni sulla lettura, Salone del Libro di Torino

Il Salone Internazionale del Libro di Torino: la meraviglia che si rinnova sempre

Scrivo una settimana dopo la fine della 34° edizione del Salone del Libro di Torino. Sono ancora sotto l’influsso, per quanto sia passata una settimana, e abbia anche incominciato a sistemare e a leggere alcuni dei libri che mi sono portata a casa.

Salto22: il bottino finale!

Un’edizione di record, questa, da tantissimi punti di vista. 168.732 visitatori per 5 giorni. Picco nella vendita di libri (credo di aver dato anche il mio contributo…), file e file di ospiti eccezionali, uno staff interno di oltre 1000 persone che hanno lavorato per allestire, 1000 piante (1000 piante!) di un bellissimo Bosco degli Scrittori, che sono state visitate da insetti e da uccelli in cerca di casa, e dove, pare, sono apparsi funghi!  Anche il caldo era da record. Non da maggio, sicuramente. Era più tipico di un giugno inoltrato… solitamente piove, nei giorni del Salone. Questi sono alcuni dei dati che si possono trovare nei comunicati stampa conclusivi nel sito del Salone del Libro, e si allarga il cuore (selvaggio, come da tema di quest’anno) a leggere quante persone e quanta creatività ha dato origine ad un’edizione selvaggiamente bella.

Il tema scelto per quest’anno era Cuori Selvaggi, con tanto di test per capire che tipo di cuore selvaggio è il frequentatore lettore del Salone più atteso dell’anno. Io sono risultata un Cuore Pignolo… e poiché non ci credevo, ho ritenuto giusto farlo due volte. Tanto per NON dimostrare di essere un cuore pignolo!

Quando si chiude il Salone, che cosa rimane?

Me lo sono chiesto tante volte. Perché continuo ad andare al Salone? Che cosa mi dà, al punto di volerci-doverci tornare tutti gli anni?

La risposta più facile che mi viene in mente è: i libri. Vedere e toccare tutti quei libri, che arrivano da posti diversi, scritti e creati da autori diversi e case editrici diverse. Guardare le copertine, immaginarne le storie, lasciarsi catturare da qualcuna di esse… purtroppo non da tutte, poiché non esiste un conto in banca sufficientemente ampio per poterli portare tutti a casa. E ci vorrebbe, poi, una casa solo per i libri. Una vera e propria casa di libri, sì.

Divago. È facile, con un argomento del genere, almeno per me.

 

I libri sono il punto di partenza. Sono loro che creano quell’atmosfera sottile e densa, fatta di accoglienza, di messaggi familiari e nuovi, di storie da raccontare che finisce inevitabilmente per attirare il lettore e lo tiene con sé.

Andare al Salone è come tornare a casa. Anche se non riconosci le stanze, perché cambiano arredamento continuamente, ti sono tutte perfettamente familiari. Parli con gli autori e gli editori, e ti senti a tuo agio. Parli con gli altri lettori, e ti senti capito, addirittura replicato. Non conosci tutti intorno a te, ma vedi nei loro gesti, nei loro sguardi che frugano gli scaffali e accarezzano i contenuti, nelle borse che si trascinano agganciate al collo e alle spalle, tutti specchi che confermano la tua esistenza e quello che ti muove. Sai benissimo che a casa hai scaffali rigurgitanti di libri letti e almeno due volte di più il loro numero di libri ancora da toccare, magari acquistati nelle edizioni scorse, ma ti lanci tra gli stand come se non avessi mai visto prima un libro, e non vedessi l’ora di comprarlo e portarlo a casa, per esplorarlo e poi leggerlo. E sai che nessuno ti giudicherà per questo, in quella folla, ma ti guarderanno tutti con sostegno e comprensione. Nel mondo non ci sono tanti posti e tante occasioni in cui sentirsi a posto, e non giudicato. E sto parlando di mondo, e non mondo “reale”. Non esiste un mondo “reale”. Uno dei pregiudizi che mi hanno sempre grandemente scocciato sulla lettura, è che non sia un mondo vero, e che la realtà sia ben altra. Che la realtà è fatta di problemi veri, reali, e che con i libri non ha niente a che fare.

Un bel cumulo di sciocchezze, trite e ritrite. Di che cosa parlano i libri? Di esseri umani. Anche quando li descrivono a dorso di un drago, o alla guida di un’astronave nello spazio profondo, si tratta sempre di cuore umano e di tutto il suo essere selvaggio. I protagonisti di carta si innamorano, si uccidono, studiano, leggono, mangiano, dormono, nelle storie in cui vivono. Esattamente come gli esseri umani di carne. Giulietta e Romeo erano due fidanzati contrastati dalle famiglie: non è mai accaduto nel mondo cosiddetto “reale”, vero? Il Padrino non è quello di battesimo o di comunione, non necessariamente, e se non ricordo male, esiste qualcosa del genere anche nel mondo “reale”, dei problemi “veri”… 9 settimane e mezzo è la durata di una storia complicata di sesso anche torbido, di dominazione e manipolazione e, guarda caso, la cronaca “reale”, quella raccontata da quotidiani e riviste, riporta vicende molto, molto simili.

Che differenza c’è tra mondo “reale” e mondo di libri, allora?

Sono stata leggermente polemica nella chiusa dei miei pensieri: un cuore selvaggio non è controllabile nelle sue esposizioni. E se poi è pignolo, prima o poi dovrà tirare fuori delle i su cui mettere i puntini!

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