Riassunto

Da diversi anni, dietro l'impulso del Blog Penna Blu, trovo una parola all'inzio dell'anno che darà una direzione e una rotta ai mesi successivi. Quest'anno ne ho trovata una inaspettata, per la sua... intensità. Ma è perfettamente in linea con quello che percepisco.

Il mio anno inizia quando vuole e non si cura molto dei calendari accettati. Tant’è che ho festeggiato sul serio il Capodanno a settembre (che è noto come Capodanno bizantino) mentre il 1° gennaio è passato in semplicità a casa, con una cena preparata da me, per quanto me lo potesse permettere il mal di schiena arrivato come regalo di Natale poco gradito.

Il Capodanno Bizantino è il capodanno di settembre. Per coloro che hanno la sensazione che l'anno inizi a settembre dopo l'estate, e non il primo gennaio.
Capodanno Bizantino

Il mio blog segue un andamento altalenante da diversi anni, elemento che guardo ormai con simpatia, avendo deciso di buttarmi alle spalle il senso di vergogna, inadeguatezza o la paura di perdermi qualcosa (la famigerata FOMO, Fear Of Missing Out) che mi faceva sentire obbligata a scusarmi dei miei ritardi e della mia poca presenza online e a scrivere parole di scusa nei rari articoli, come se cercassi di ingraziarmi qualcuno o qualcosa. Chi? Non persone reali, preoccupate sul serio della mia incostanza. Non un pubblico o una community di lettori, rimasti privi delle parole di conoscenza del loro capo. Non sono mai diventata una leader, e non mi sono mai messa a capo di un gruppo di lettori; per carattere, sono da sempre un outsider, quella che si siede vicino alle uscite, in fondo, e guarda la sala, pronta a uscire o a farsi sentire, a seconda della necessità.

La paura di restare indietro, qualcosa di atavico che talvolta ci impedisce di avanzare speditiVerso chi sentivo questo desiderio di scusarmi, che l’espressione latina excusatio non petita, accusatio manifesta esprime con raffinatezza? … la risposta mi è arrivata poco fa, mentre iniziavo l’articolo. Forse Big Brother, il Grande Fratello di Orwell, che ha preso le forme digitali di Internet e delle piattaforme social, quest’enorme entità che esiste in una dimensione sua e che invade costantemente questa in cui viviamo, donandoci molto, e facendosi pagare tutto molto caro, allungando le mani telematiche sui nostri pensieri e le nostre emozioni.

Le mie letture sono crollate di numero sfondando il minimo dei minimi storici che posso aver collezionato in questa vita. L’anno scorso si aggrovigliavano in un nodo che mi impediva di respirare e di camminare liberamente, il blocco del lettore. Si è allentato per un po’, e ho ripreso il ritmo, per quanto lento, ma poi la situazione è decisamente peggiorata, al punto da farmi pensare di aver raggiunto un capolinea, uno di quelli definitivi, di non ritorno. Una morte del lettore, insomma.

Big Brother di Orwell. Non quell'orribile trasmissione spazzatura che dura da troppi anni.Mi sono fermata. Ho guardato il grigio in cui mi trovavo e pensavo di stare lì. Non stavo poi così male. Non sentivo così grandi mancanze. Avevo quasi deciso di proseguire con l’organizzazione del funerale definitivo del mio blog e del mio lato book blogger. Chiudere tutto, passare dal grigio al nero. Che tentazione magnifica.

L’anno scorso la mia parola era connessione. Credevo, con l’ottimismo da monocolo che ogni tanto mi trasforma in Polifemo, che questo si sarebbe concretizzato in una pluralità di scoperte nuove, nella costruzione di una ragnatela fittissima di cose, persone, situazioni ed eventi, tutti positivi e ricchi. Non mi aspettavo la zona grigia di un limbo tristissimo. Che cosa avevo sbagliato? Non volevo connettermi al nulla.

Ok, ho sbagliato tutto, non sono in grado, chiudo tutto e questo grigio diventa nero, adesso.

E mentre chiudo la porta, entra un sussurro dallo spiraglio. Una storia. Non l’ho sentita, né notata, avevo da fare. Ma lei, nell’angolo che si era scelta entrando, ha aspettato paziente che la guardassi. Senza fretta, mentre passavo a chiudere tutto, l’ho notata e non avendo grandi aspettative e nessuna fretta, mi sono seduta ad ascoltarla. Un’ultima volta prima della fine.

Mi ha agganciato totalmente, dopo pochi minuti. Mi ha riportato (riconnesso) indietro, alla prima volta che una storia mi ha afferrato in quel modo. Mi ha riportato (riconnesso) al primo anno di università, quando una storia altrettanto potente mi ha spinto a saccheggiare biblioteche e librerie cercandone le tante versioni. Mi ha riportato (riconnesso) a quello che io cerco attivamente in questa vita, e che mi fa respirare. Perciò, connessione è la parola di quest’anno, di nuovo?

No, quella di quest’anno è rivoluzione.

Ho chiuso tutto, non il blog. Ho chiuso quello che non mi serviva e che ormai pesava troppo. Non ho aspettative, e questo per me è già rivoluzionario, su quello che seguirà. Una rivoluzione si pianifica, ma quando si concretizza, si manifesta con i suoi modi. Qualche volta pacifici, qualche volta no. Servono entrambi, nei momenti adatti.

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