Come delfini tra pescecani
Nuova uscita in casa Salani!
È un ottimo poliziotto, il commissario Ansaldi, anche se da tempo immemore soffre di ipocondria e di attacchi d’ansia che rendono complicate anche le attività più semplici, nella vita come nel lavoro. Per fortuna il quartiere al quale è stato assegnato, Monteverde, è un’oasi di pace nel caos della capitale: un posto tranquillo, dove non succede mai niente. Forse è per questo che sotto il suo comando sono stati destinati altri quattro soggetti “particolari”, come ad esempio Eugénie Loy, il suo braccio destro, che soffre di un disturbo antisociale della personalità che la rende apparentemente insensibile, una “portatrice sana di disperazione” come la definiscono i colleghi, che però riconoscono in lei ottime doti investigative. Sono così, i Cinque di Monteverde: uomini e donne alle prese con le loro debolezze, ma capaci, insieme, di trasformarle in forza.
Un venerdì pomeriggio, un ultraottantenne vedovo e solitario viene trovato senza vita nel proprio appartamento, con un cappio al collo. Si direbbe un caso facile, il classico suicidio. Ma qualcosa non quadra ad Ansaldi e ai suoi, e quel piccolo dubbio si trasforma, nel volgere di pochi giorni, in un’indagine che turberà non solo la quiete di Monteverde ma anche le stanze della politica.
Demolendo con sarcasmo graffiante lo stereotipo del poliziotto supereroe, Morlupi ha saputo dare un volto credibile a chi per mestiere affronta il crimine, alternando intuizioni fulminee a epiche figuracce. Una ventata fresca nel panorama giallo italiano.
François Morlupi
Come delfini tra pescecani
Salani Editore – www.salani.it
416 pagine
Il mio dialogo con il libro
Per chi è affascinata dai titoli come me, questo è irresistibile. E molto, molto evocativo. Non riuscivo a smettere di immaginare milioni di interazioni tra delfini e pescecani, deplorando la mia quasi totale ignoranza in materia. 😀 So che i delfini sono animali affascinanti, potenti, e che talvolta riescono anche a tener testa ai pescecani, grazie alla loro scaltrezza gioiosa.
Ma qui non siamo in un documentario sul mondo marino. Siamo a Roma, ai giorni nostri, e un uomo anziano si è appena tolto la vita. Una tragedia della solitudine? Se ci fermiamo alle apparenze, sì. Ma la squadra di investigatori che si occupa del caso, i cinque di Monteverde, non è abituata a farlo. Il vice ispettore Eugénie Loy coglie subito qualcosa che non va e mette in moto tutta la sua potenza di cyborg umano per farlo capire al commissario Ansaldi e per andare fino in fondo alle indagini.
E la sua intuizione, ascoltata e accettata con rispetto dal commissario più ipocondriaco del pianeta, si rivela fondamentale, oltre che corretta. L’apparente suicida non brillava per simpatia e umanità, come affermano le poche persone che ancora intrattenevano rapporti di qualche genere con lui. Una vicina di pianerottolo che all’occasione sapeva trasformarsi in amica con benefici (come si dice adesso, in tempi di sociologia applicata alla vita quotidiana), la ragazza filippina che si occupava delle pulizie, i vecchi soci e compagni di avventura della squadra di calcio dilettantistica di Tor di Quinto, di cui il suicida, il signor Gordi, è stato presidente per parecchio tempo. Tutti dipingono un ritratto di grettezza, antipatia, taccagneria portata all’estremo.
Benissimo, ma assomigliare a Scrooge non è un motivo per suicidarsi. E come movente di un omicidio… beh, zoppica un po’, anche considerando quanto sono pronti gli umani a togliersi la vita gli uni con gli altri. Mentre l’irremovibile Loy è sempre più arroccata sulla sua intuizione, e i suoi compagni si dibattono perplessi, la sorte sceglie di dare loro una mano.
Un altro suicidio. Un altro uomo, un’altra età, un’altra estrazione sociale, un altro quartiere di Roma, ma la stessa nota stonata di fondo. Ansaldi, per quanto la sua ipocondria elefantiaca cerchi in tutti i modi di distrarlo, è un commissario capace, intelligente e attento ai segnali. E quella nota stonata lo convince (sorvolo sulla convinzione ormai granitica del viceispettore Loy che qualcosa continua a non quadrare) a seguire una pista quasi invisibile, e al fondo di questa trova un nome: Tor di Quinto. Quel Tor di Quinto, la squadra di calcio dilettantistica già emersa in precedenza.
Il lavoro di indagine si approfondisce, si complica, si distende, qualche volta sembra arenarsi, ma finisce per premiare la costanza e l’inarrestabile forza di volontà di Ansaldi e dei suoi agenti, che concludono il caso brillantemente, anche se con un’acuta nota di rimpianto e di tristezza.
Leggere questo libro è stato divertente, rilassante e anche scomodo e triste. I personaggi creati da François Morlupi sono unici nella sua bizzarria. Il commissario Ansaldi è la somma di tutti gli ipocondriaci che potremmo mai aver conosciuto in narrativa o al cinema: è sufficiente un venticello leggero per farlo precipitare in farmacia alla ricerca di medicinali, rimedi, cure di ogni genere. Maniaco dell’ordine al punto da far sembrare il detective Monk uno sciatto disordinato. Animo sensibile e facile a vibrare di gioia di fronte a libri, cultura, arte, e il suo cane Chagall. Una coppia di agenti quasi improbabile, Roberto Di Chiara e William Leoncini, i cosiddetti Ringo Boys: il primo bianco, tifoso perso della Roma, calciatore dilettante con manie di grandezza, mentre il secondo di colore, prestante, Don Giovanni nel DNA, con una passione divorante e quasi monotematica per il nazismo e la Seconda Guerra Mondiale. Avreste mai pensato un abbinamento così peculiare? Io non smettevo di ridere di fronte ai loro incessanti punzecchiamenti reciproci. E credo che nemmeno l’autore potesse trattenersi dal prendere in giro entrambi, sempre con molto rispetto e anche affetto. Un’altra coppia di agenti, questa volta due donne: il viceispettore Eugénie Loy, il cyborg tutto giustizia e zero empatia, e l’agente Alerami, bella, capace, determinata e… con un hobby estremamente particolare. Leggerete e sorriderete.
Con queste cinque personalità, scegliere un preferito è praticamente impossibile. Ho smesso di farlo dopo le prime pagine, tanto non sarei riuscita a farlo, e poi, il privilegio di un lettore è quello di avere tutti i preferiti che vuole… ! Li adoro tutti, proprio perché sono quello che sono. E più sono bizzarri, più mi attirano nella loro cerchia.
La narrazione vera e propria degli eventi criminosi è stato il trampolino per un’interessante visuale sui nostri tempi, che non aveva bisogno di troppi commenti. François Morlupi è stato misurato nelle parole dell’io narrante, ma ha sottolineato con forza alcuni dei lati storti della società che ci siamo creati, lasciando che parlassero direttamente le situazioni e i personaggi stessi. L’esasperata connessione tecnologica che corrisponde, qualche volta, ad un deserto negli affetti e nella considerazione per gli altri, soprattutto se sono soli. L’inaridimento dei rapporti umani, di fronte alle possibilità di guadagni, ricchezza, fama. L’eccessiva attenzione per uno sport definito il più bello del mondo, che nasconde un calderone infernale di invidie, gelosie, colpi bassi, sfruttamento perverso dei talenti e dei sogni altrui. Il mondo che ne viene fuori non è dei più confortanti, e fa sembrare la giungla amazzonica un giardinetto di giochi infantili. Dovremmo averne paura, e non uscire più di casa? No, non è questa la tesi suggerita dal comportamento dei cinque di Monteverde. Ciascuno di loro, delfino tra i pescecani, fa la propria piccola azione per migliorare la parte di mondo in cui si trova, segnando un punto sullo strapotere degli squali.
Perché di fronte alla somma delle forze, anche i pescecani sono costretti ad arretrare.
L’autore
Classe 1983, italo-francese, lavora in ambito informatico in una scuola francese di Roma. Prima di questo ha scritto due romanzi, che per mesi sono stati sempre ai primi posti delle classifiche ebook, diventando un caso editoriale.
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