Un uomo contro

 

È passato un monte di tempo, dall’ultima volta che sono stata in questo spazio. E tantissimo è capitato, compreso il salto del primo post dell’anno, quello che dedico a trovare le parole dell’anno. Con ironia, quelle che si sono presentate alla mia mente sono scomparse quasi subito. Non lo sapevo ancora, ma si sarebbero rivelate inutili, perché dell’immenso vocabolario che abbiamo a disposizione, ne rimangono pochissime, e quasi tutte evocano malattia. Ma questo sarà l’argomento di un altro post.

Ho letto diversi libri, anche prima del Coronavirus, che non sono ancora comparsi in queste pagine elettroniche. Richiedevano parole diverse, che potrebbero presentarsi ora, che sta cambiando tutto.

Il libro che segue appartiene a quella schiera: Un uomo contro, di Franco Ferro, pubblicato da Spunto Edizioni. L’avevo iniziato prima del periodo coronato, e con la follia esplosa, ho dovuto accantonarlo per star dietro ad altro. L’ho ripreso in un momento di stacco, e portato a termine in una notte insonne. Un uomo contro, dice il titolo. Contro chi, cosa? Aveva un sapore quasi antico, di cose ormai passate. In quella parola si avvertiva qualcosa di forte, una presa di posizione decisa, senza grigi.

SINOSSI

La felicità familiare può farti sentire a disagio se la paragoni a quella della tua amica che soffre ed è in difficoltà.

È come si sente Clara nei confronti di Elsa. Due amiche e colleghe. Lavorano a Torino in ospedale. Elsa è medico, Clara infermiera; una ha un marito che la tradisce e che arriva a maltrattarla, l’altra ha un uomo che la adora e che non riesce a tollerare la violenza sulle donne, tanto da adoperarsi per proteggerle con un nuovo mezzo tecnologico.

Clara e suo marito Carlo sono quegli amici che non si voltano dall’altra parte, lei stando vicina all’amica, lui adoperandosi per aiutare tutte le donne.

Il mio dialogo con il libro

La violenza contro le donne: si è scritto, detto, girato talmente tanto su questo argomento, che è difficile veramente aggiungere altro, e soprattutto altro che sia nuovo, o di aiuto. In tantissime pubblicazioni abbiamo sviscerato tutte le sfumature di un comportamento che prende mille facce diverse, e che spesso finisce nello stesso modo orrendo, con la soppressione della donna, ficcata a forza nel ruolo di vittima da quello di moglie e compagna. Abbiamo ascoltato e letto gli interventi e le considerazioni di psicologi, educatori, anche agenti delle Forze dell’Ordine, nel tentativo di razionalizzare e inquadrare quello che, a mio modo di vedere, è una scelta di controllare, schiacciare e reprimere tramite bugie, atti di violenza psicologica e fisica.

Ma qual è il punto di vista di un uomo, su tutto questo?

E non parlo del lato violento della coppia, il marito o il compagno che ritiene, completamente a torto, di essere più forte solo perché è abituato a usare i pugni o gli insulti.

Parlo di quella percentuale di uomini che, nel rapporto con le donne e con quella che hanno scelto per sé, non usano pugni o insulti.

Franco Ferro lo racconta bene in questo libro, ambientato a Torino, tessuto dalle vite di due donne, belle e in gamba, che hanno scelto uomini di carattere e personalità diametralmente opposti.

Elsa è un medico brillante, in gamba e di aspetto attraente. Suo marito Guido appartiene ad una famiglia bene di Torino, con una lunga tradizione di presenza in campo medico, giovane, bello e ambizioso: un principe azzurro con il camice bianco. Innamorati e con il mondo in mano: un ritratto perfetto.

Clara è un’infermiera amica di Elsa, che lavora nel suo stesso ospedale. Carlo, suo marito, è un uomo di carattere solare e di grandissime capacità che gli fanno fare una carriera piuttosto veloce e decisa nel suo campo. Grandissimo affiatamento tra i due, un amore senza limiti con basi solide. Una di quelle coppie che riesce a far stare bene chiunque stia con loro.

Questi due ritratti di perfezione, ciascuno a suo modo, si dividono nettamente seguendo evoluzioni diametralmente opposte. Elsa si accorge presto che il camice del suo principe azzurro nasconde un carattere sporco, infido, calcolatore e meschino. Parole fredde, assenze, insinuazioni, montagne di bugie, alcune veramente troppo grandi per essere anche solo prese in considerazione. E questo è solo l’inizio di una discesa in basso che va solo in quella direzione: abusi psicologici, quando Guido cerca di far passare Elsa per pazza, e poi percosse. A questo punto, il principe è scomparso, ingoiato da una specie di orco patetico, che sfrutta anche le sue conoscenze e il suo denaro per avere la meglio. Elsa passerà momenti davvero folli, ma non cede, nonostante le apparenti sconfitte. È una donna che si ricorda di avere un cervello e capacità di reazione, e anche nei momenti più disperati non cede le armi.

Clara vive l’esatto opposto. Carlo è un marito attento, premuroso, innamorato e sempre presente al suo fianco. Non è un manichino adorante: è un uomo in grado di discutere e litigare con sua moglie senza ricorrere ai pugni o agli insulti. Non si sente sminuito nella virilità se non fa tacere Clara a forza di maltrattamenti, e ha cuore per rispettarla e amarla. Carlo usa i pugni per sbatterli sul tavolo, quando sente l’ennesima notizia della donna uccisa dal marito, con gli strascichi inevitabili di “litigavano sempre”, “ma non credevo che sarebbe arrivato a tanto”, “una disgrazia”, “come potevamo prevedere?” che si vanno a posare sulla vicenda come uno sciame di mosche.

Vuole fare qualcosa, Carlo. Non essendo uomo di chiacchiere, o di esternazioni fragorose, oltre a: “Come possono salvarsi, queste donne in pericolo?” non dice. Ma si mette a fare. Costruisce, prova, coinvolge altre persone in un progetto nato da uno scatto di rabbia, e che man mano diventa sempre più solido e buono. Non si perde in giudizi o critiche su quegli altri che non sanno andare oltre la mostruosità che non sanno gestire, ma va dritto dietro le quinte, a lavorare per risolvere.

Nel romanzo, Carlo parla pochissimo. Lo spazio è occupato soprattutto da Elsa e le sue vicende, e la presenza confortante di Clara che non le fa mai mancare parole di incoraggiamento e sostegno. Nelle ultime pagine, però, arriverà trionfante a esporre il risultato concreto di tutto il suo lavoro, avendo un riscontro positivo nei fatti, che non manca di far sentire meglio anche il lettore. Mi sono fermata a pensare, quando ho letto il finale: come sarebbe il mondo, se ci fossero più fratelli di Carlo, in giro?

 

L’autore

Franco Ferro nasce a Canischio, in Alto Canavese, nel 1955 da una famiglia di contadini che si trasferisce a Torino quando lui ha sette anni.

Si laurea in ingegneria e inizia a lavorare in una multinazionale svedese dove rimarrà per oltre 35 anni, ricoprendo disparati ruoli e avendo l’opportunità di venire a contatto con parecchie realtà in più continenti.

Sposato e con tre figli, è autore di due romanzi: “Adelaide” 2008 e “Villa Kreuze” 2018.

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