Riassunto

#crediinte. Il titolo di un libro, un hashtag, un invito, un incoraggiamento. L'unica chiave per vivere e uscire da situazioni soffocanti, come essere il bersaglio di un bullo a scuola.

Stefano Peiretti – #crediinte – L’hashtag fondamentale

La data del 7 febbraio è diventata particolarmente importante dal 2017 in avanti. Il MUIR ne ha fatto la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, nell’ambito del Piano nazionale per la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo a scuola. Per maggiori informazioni, visitare questo link.

credi in teProprio la scuola, che dovrebbe essere luogo di istruzione e di apertura mentale, di scoperta e sviluppo di capacità e talenti, diventa il teatro e il vivaio preferito perché nascano episodi e storie di horror quotidiano, come il bullismo. E Internet aggiunge il suo freddo tocco telematico, con il cyberbullismo. Il 7 febbraio 2024 è ulteriormente importante perché esce in formato digitale un libro pubblicato in edizione cartacea nel 2020, #crediinte, di Stefano Peiretti. Il cyberspazio dimostra di non essere solo luogo di sopraffazione telematica, e tramite Amazon, trasmette un messaggio corposo di incoraggiamento: credi in te. E per trasformarlo in qualcosa di ulteriormente efficace, oltre ad essere molto al passo con i tempi, l’autore lo veicola in un hashtag, un mezzo di espressione molto veloce, molto cyber, e soprattutto molto giovane. Viene usato estensivamente per scrivere su Twitter, e poi in ogni campo dell’interazione umana, quando c’è da esprimere con velocità un intero concetto. Il libro stesso è molto “giovane” e veloce: oltre agli hashtag, contiene emoticon e immagini, da creatura veramente multimediale degli anni Post Duemila.

SINOSSI

Jacopo è un ragazzino, figlio di due mamme, che si trasferisce con la famiglia in provincia di Torino a causa delle discriminazioni subite negli anni precedenti nel suo paesino siciliano. Si iscrive al liceo scientifico con l’intento di iniziare una vita completamente nuova. In classe ha la prima sorpresa piacevole, ritrovando Alex, un ragazzino da lui conosciuto durante le vacanze estive. Nonostante le premesse incoraggianti, la vita di Jacopo prende una piega sempre più amara, quando cominciano a girare voci su di lui: essendo figlio di una famiglia non tradizionale, sicuramente sarà anche lui omosessuale… è uno diverso. Cominciano i soprannomi crudeli. Le sopraffazioni subdole. Si spalanca un inferno quotidiano per il ragazzino che chiede solo di vivere la sua età, da cui non sembra possibile uscire. Almeno finché qualcosa non cambia profondamente. Non solo in lui, ma in tutti coloro che lo circondano. Una storia giovane, attuale, crudele, di bulli, di vittime e di carnefici, e di fiducia, rispetto e voglia di ricominciare, e di costruire qualcosa di nuovo: anche partendo da un hashtag.

Stefano Peiretti

#crediinte

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Lunghezza stampa: 164

Genere: Narrativa italiana moderna e contemporanea dopo il 1945

Link Amazon

 

Che cosa mi ha lasciato il libro

Il libro è un coro di voci. Jacopo e Alex scrivono il loro diario, e Tegola riporta i suoi messaggi sgangherati che usa come bombardamento su Instagram, Whatsapp, Facebook e Messenger, i principali veicoli social per l’espressione dei ragazzi. Passiamo dall’uno all’altro, conoscendoli nel chiuso dei loro pensieri e dei movimenti confusi delle loro anime. Sono ragazzini giovani, alle prese con le materie scolastiche, i rapporti con i compagni di classe, i professori. Sono esploratori in un mondo sconosciuto, che non sanno ancora se si trasformerà in una jungla, o sarà un viaggio comodo senza scosse. Sono affascinati dalla novità, ma anche spaventati. Vorrebbero esprimersi liberamente, ma si trattengono. Fanno progetti, si accostano con curiosità e una certa apertura verso gli altri, e saltano come gatti impauriti se qualcuno li tratta bruscamente, o senza rispetto. Vorrebbero fare la propria strada, ed essere amici di tutti, ma temono e vedono conflitti in agguato ovunque.

Cyber bullismoÈ il tempo dell’adolescenza, con le sue contraddizioni massime, in bianco e nero: è tutto bello, o è tutto brutto. Non è ancora arrivato il momento dei grigi e della gestione, della negoziazione, dello studio, dell’osservazione dell’altro per poi agire. Questo è un campo da giovane adulto. Il giovane esploratore è avido di conoscere, di sperimentare, e le sue paure hanno ancora il guinzaglio.

È questa l’atmosfera che pervade il libro e che ascoltiamo sotto le voci di Jacopo e Alex, che cominciano a diventare amici a scuola, dopo essersi conosciuti in vacanza. Hanno cose in comune, amano studiare insieme. Forse, forse, inizia a germogliare qualcos’altro.

Non abbiamo il tempo, così come non l’hanno i protagonisti, di continuare con questa esplorazione, perché piomba sulla scena Tegola, il ragazzino strafottente e apparentemente smaliziato della classe. Quello più grande, che ha un fisico più sviluppato, quello che ha capito che cosa conta nella vita, e che ha cose più importanti da fare che studiare. O anche solo essere gentile verso gli altri.

Letteralmente piomba sulla scena: disturba le lezioni quando può, e non tarda a concentrarsi su Jacopo. Spicca come un papavero in un campo, Jacopo, perché è troppo diverso. Gli piace studiare. Comincia a fare comunella con Alex. Ha due madri, e nemmeno un padre. Ovviamente, sarà gay anche lui. Come potrebbe essere diverso? Oh, quale meraviglioso diversivo per il grande Tegola, troppo in alto per il mondo meschino del liceo, dei compagni di classe, dei professori, che noia! All’inizio sono battutine velenose, commenti idioti ma pungenti. Jacopo si difende, pensando di toglierselo di torno. Al contrario. Tegola non crede alla sua perversa fortuna, di potersi sfogare su qualcuno, cui può fare di tutto perché avrà troppa paura per difendersi ancora, e finirà per cedere, perché lui è forte, lui è grande, nessuno gli resiste.

E per un po’, sarà così. Jacopo si trova da un momento all’altro sprofondato in un inferno di tormenti, circondato e isolato come una bestia feroce. Non è più solo Tegola, ma quasi l’intera classe lo respinge, lo giudica, non lo vuole. Alex cerca di aiutarlo come può, guadagnandosi anche lui il marchio di indesiderato. La situazione è davvero asfissiante, non si può andare né avanti, né indietro.

Qualcuno si fa avanti, del tutto inaspettato. Nessuno, nemmeno il grande Tegola, poteva prevedere l’improvviso cambio di vento che porta a tutt’altra situazione.

Lo leggerete. E fate attenzione alle reazioni degli adulti, perché fanno riflettere. Qui non hanno molto spazio, perché sono i giovanissimi a condurre il gioco, ma non devono per questo essere totalmente esclusi.

Questo è uno dei libri che dovrebbe essere letto e riletto, soprattutto dagli adolescenti. Dai loro genitori, dagli insegnanti non solo di liceo, ma di tutti i livelli scolastici. È uno di quei libri che curano, ampliano le prospettive, danno parecchi spunti per riflettere e trovare altre visuali, altri angoli.

No Bully ZonePer me, è stato così. Per me, questo libro è stata un’esperienza importante. L’ho visto praticamente nascere, e gli ho cambiato le “fasce”… mi sono occupata del suo editing, ed è stato personale e profondo. Mi ha permesso di comprendere e di lasciar andare gli episodi di bullismo (e poi di mobbing aziendale) di cui sono stata oggetto da adolescente. Sono passati quasi quarant’anni da quel periodo, e di lavoro interiore su quei ricordi è stato fatto, rifatto, e fatto di nuovo. Una rabbia residua, però, rimaneva ancora, elusiva. Si nascondeva, impervia ad ogni tentativo di sradicamento e di pulizia. Quella rabbia che si nasconde nella pronuncia secca di una parola piccola, rapida: perché. Anche le risposte più facili, più umilianti e più dure, quelle che nascono dall’auto-flagellazione e da un’autostima inesistente, non bastavano a soddisfarla, a placarla.

Leggere questo libro mi ha permesso di rispondere a quel perché. Con pacatezza e sollievo. Non esiste un perché. Se proprio desideriamo cercarlo, allora possiamo rispondere nel modo più sorprendente e meno intuitivo possibile. Perché si è forti. Perché si è più forti di chi ci ha preso di mira e si sfoga su di noi.

Normalmente, si crede che essere l’oggetto di scherzi, prese in giro e umiliazioni nelle loro centocinquanta sfumature, sia indice di debolezza. Si parla di vittime di bullismo, in effetti.

Ah, davvero? Davvero si è più deboli, e per questo si viene presi in giro e umiliati da chi apparentemente è più forte?

Se fosse davvero così, forse sarebbe sufficiente un abbonamento in palestra ai programmi di body-building o di arti di difesa.

La questione è molto più complessa, delicata e va oltre l’apparenza. E va a scardinare la propaganda e l’intero teatro montato sopra uno dei rapporti più intricati e fraintesi delle relazioni umane.

La cosiddetta vittima non è una vittima. Non è debole. Il bullo non è il forte della situazione.

È l’esatto opposto.

La persona che riceve le attenzioni sgradite di uno o più bulli è solitamente diversa dal solito, per aspetto, carattere, comportamento. Sicuramente all’opposto del bullo. Il bullo pare più forte perché fisicamente è più robusto, magari, e perché urla più forte, e il suo atteggiamento è da macho. O vorrebbe esserlo.

Peccato che sia apparenza. Il bullo è in realtà molto debole. È una persona che non conosce sé stessa, e non vuole conoscersi perché quello che vede non gli piace. Se ne vergogna, non sa cosa farci. E proietta fuori quello che non ama su qualcun altro, costruendosi un’immagine di forza che in realtà è solo prepotenza.

Chi riceve il trattamento da bullo è una persona che persegue una sua strada, in modo diverso dagli altri. È pericolosa, in realtà, perché non accetta l’uniformità altrui, e sembra avere chiaro che cosa fare di sé e della propria vita. Una calamita per una persona come il bullo, che cerca disperatamente un aggancio, qualcosa cui potersi afferrare per non essere portato via dal vento della vita, che non sa minimamente affrontare.

È lui che cerca il bullizzato… non avviene il contrario. È lui che ha bisogno di sfogare le paure e la vergogna che prova per sé. Non il contrario.

Coloro che subiscono i bulli non si rendono conto di quando siano forti, in realtà. Resistono come diamanti alle pressioni e alle cattiverie. Trovano modi per difendersi, per sfuggire, per resistere. E alla fine, sono loro che rimangono in piedi. Sono loro che hanno imparato milioni di cose sulla vita, e si sono fatti strada. I bulli? Se anche si fanno strada, da adulti, quando inciampano trovano iene pronte a vendicarsi. Loro vivono bloccati nella jungla, gli altri vivono e amano, e dalla jungla hanno imparato ad andarsene.

L’autore

Stefano Peiretti è nato a Torino nel 1988. Laureato in Informatica presso l’Università degli Studi di Torino, diventa consulente informatico, docente e formatore. Appassionato di didattica, psicologia, pedagogia, teologia, letteratura, musica e iconofìlia. Completati gli studi presso l’Istituto Teologico ‘Evangelium’ viene ordinato Presbitero. Viene poi eletto e consacrato Vescovo della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata. Attivista per i diritti civili e le pari opportunità.

Autore di “Franco e Gianni – 14 luglio 1964” sulla vita della prima coppia omosessuale unita civilmente a Torino nel 2016, “Non sono come tu mi vuoi” e “Le trappole dell’anima” sulla violenza di genere percepita, subita e sommersa e di “#CrediInTe” su bullismo e cyberbullismo. Con “Non voglio morire – Torino 6 dicembre 2007” racconta la tragedia della ThyssenKrupp corredata dai racconti inediti dei familiari delle vittime.

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